Diario di Bordo #4 — Scrivere mentre il mondo affonda

Ci sono giorni in cui sedersi a scrivere sembra un lusso. Quando attorno tutto vacilla — affetti, equilibrio, casa, perfino la mia voce — le parole diventano pesanti come pietre. Eppure, le porto con me.

Sto attraversando un periodo complicato. E non lo dico per attirare attenzione o empatia: lo dico perché il Diario di Bordo è anche questo. Non solo vento, sogni e mare aperto. Ma anche naufragi, ancore che si spezzano, silenzi che fanno male.

Scrivere in mezzo a tutto questo mi sembra a volte un gesto ridicolo. Altre volte, l’unico modo che ho per non sparire.
Scrivo mentre fuori ci sono telefonate che non vorrei ricevere.
Scrivo mentre dentro si frantuma qualcosa che non riesco nemmeno a nominare. Eppure scrivo. Non sempre con grazia, non sempre con lucidità. Ma scrivo perché se non lo faccio, il dolore resta muto, e io con lui.

Non sto bene. Ma le storie mi restano accanto. Le parole non risolvono i problemi, lo so. Ma a volte diventano un riparo temporaneo, come la tela tirata su una barca danneggiata. Non ferma la tempesta. Ma intanto si galleggia.

Non so se chi legge sentirà qualcosa.
Ma oggi, più che mai, scrivere è l’unico modo che ho per dire: sono ancora qui.

– Iulia / EnigMind Girl
📍 sotto la pioggia, con l’inchiostro che sbava e il cuore in mare aperto


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